Scripta manent. E il tasto?

Che ruolo ha avuto il digitale sulla letteratura? E’ questa la domanda su cui rifletto ormai da qualche mese. L’effetto più significativo è stato l’uso degli e-reader in sostituzione dei libri, ma anche il modo di scrivere ha risentito di questa rivoluzione.

Avete mai notato che al giorno d’oggi scriviamo sempre di più al computer, tralasciando la cara vecchia biro? E pensare che fino a qualche secolo fa l’unico modo per tramandare il libri era trascriverli, al punto che i più esperti, ovvero gli amanuensi, dedicavano le loro giornate a decorare le pagine con miniature, per rendere ancora più perfetta la loro calligrafia. Certo, essendo un compito riservato a pochi uomini, c’era il rischio che alcune opere venissero modificate, ma il valore e la bellezza erano tali da lasciare incantato il lettore.

Salterio_diurno_del_XVII_secolo.png
Miniatura del XVII secolo.
Fonte: Wikipedia.

Dall’invenzione della stampa a caratteri mobili tutto è cambiato, con un processo lento e graduale ovviamente: si stampavano pochi libri, poi sempre di più, e con l’invenzione della macchina da scrivere e poi del computer scrivere è diventato facilissimo. Chiunque può scrivere a macchina, è sufficiente premere i tasti corrispondenti alle lettere e le parole si compongono. Il carattere varia, da quello più duro e rigoroso a quello più leggero e ricercato.  Inoltre grazie alle specifiche dei programmi di scrittura esiste un correttore, che appunto corregge ogni errore evidenziandolo.

Per chi è pratico indubbiamente è più semplice utilizzare un computer, ma i vantaggi sono, in numero, tanti quanti gli svantaggi. Digitando sempre più i tasti sulla tastiera si rischia di perdere la capacità di usare una biro, o una matita. Ho ancora in mente quando alle medie, durante le vacanze estive, siccome utilizzavo spesso il cellulare o il pc, i miei nonni mi chiedevano sorridendo “saprai ancora scrivere a settembre?”, e io ingenuamente ridevo, giustificando in ogni modo la mia poca voglia di scrivere a mano. Eppure adesso, mentre creo questo blog-post,  mi rendo conto di quanto sia stupendo impugnare una penna. Con una biro i pensieri possono scorrere veloci, prendendo il loro posto su un foglio di carta bianca.

Vi immaginate un diario segreto scritto al computer? Ogni giorno un documento di word nuovo da salvare, appena finita la giornata, in una cartella preimpostata. Questa soluzione farebbe perdere ogni momento di creatività anche al più fantasioso tra i bambini.  Nemmeno gli adulti sono immuni da questo problema: l’ispirazione, ad esempio, è un passaggio chiave per lo scrittore nella composizione di un’opera, ma come può esserci ispirazione davanti ad un monitor, con una barretta che aspetta solo di trascrivere sullo schermo un carattere che per lei corrisponde solo ad un numero del codice ASCII o UNICODE ?

Con tutti questi svantaggi sembrerebbe meglio ricominciare a impratichirsi per avere una bella scrittura, tuttavia ricordo che un giorno una mia professoressa mi disse “quando puoi, per richiedere un colloquio di lavoro ad esempio, o per un tema importante, scrivi sempre al computer: dalla tua calligrafia, infatti, si capiscono molte cose di te, le tue insicurezze, il desiderio di concludere rapidamente anche un breve testo, a volte persino la tua vita passata”. Come non dare ragione a queste parole! Addirittura adesso per essere assunti è facile che venga chiesto di mandare un video in cui ci si presenti, evitando quello che potrebbe essere uno spreco di tempo nell’ascoltare di persona le motivazioni che spingono a cercare un impiego.

E’ vero quindi: il digitale ancora una volta migliora, se non addirittura sconfigge, il classico.

Mi permetto tuttavia di dare un consiglio, per quanto possa valere la saggezza di una ragazza di appena diciannove anni: riponiamo la nostra biro nel cassetto, ma all’occorrenza restiamo pronti a riprenderla in mano, a lasciarci guidare da lei e dai nostri pensieri, senza paura di osare, perché a volte è necessario abbandonare il digitale e ritornare al passato.

Francesca

SAM_4986.JPG

Semplicemente una biro.
Fotografia scattata da Francesca Avidano.

Lascia un commento